Carissimi fratelli e sorelle Apostoli/e, sacerdoti, consacrati/e della Comunità e nella Comunità, gruppi “Pentecoste” e amici della comunità, vi scrivo per sentirci sempre più uniti, soprattutto in questo Tempo Forte che sta per iniziare: la Quaresima.
Questi quaranta giorni, che inizieranno con la celebrazione delle Ceneri, mercoledì 17 febbraio, saranno giorni in cui la nostra vita dovrebbe essere vista, metaforicamente, ai raggi X.
Fare un punto della situazione della nostra vita spirituale e, di conseguenza, umana e sociale. Riscoprire la vera chiamata del cristiano e la consapevolezza di una chiamata ad un cammino di conversione e di conoscenza dell’amore di Dio attraverso la Comunità Apostoli della Passione dell’Amore Misericordioso.
Vi propongo questa riflessione per ravvivare la comunione tra noi, partendo da ognuno di noi.
Prendo, come brano di riferimento, la prima lettura del Mercoledì delle Ceneri, precisamente il libro del profeta Gioele capitolo 2 versetti dal 12 al 18:
“Così dice il Signore: «Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male». Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione? Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio.
Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo.
Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: «Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti».
Perché si dovrebbe dire fra i popoli: «Dov’è il loro Dio?». Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo”. (Gl 2, 12-18)
Un grande dottore della Chiesa, San Pietro Crisologo, diceva: “Il digiuno non germoglia se non è innaffiato dalla misericordia”. Il digiuno, il pianto, il lamento, il lacerarsi le vesti sono gesti esteriori che devono accompagnare un ancor più grande e significativo gesto interiore, quello del ritornare a Dio con un cuore lacerato, aperto, spalancato ad accogliere la Sua misericordia, che non è fondata sul peccato del popolo, ma sul Suo amore: tutto parte da Lui per amore, tutto torna a Lui con amore.
L’esperienza della misericordia di Dio aiuta l’uomo a vivere una vita in continua conversione, cosciente della grazia che il Signore elargisce e infonde nei cuori accoglienti.
Questo è un cuore lacerato, un cuore che sente il dolore della lacerazione, come quello di Gesù sulla croce, ma che è pieno d’amore per il fratello e per la sorella e, soprattutto, per Dio.
Un Apostolo della Passione dell’amore Misericordioso, come ogni cristiano, è chiamato a lacerarsi il cuore nel senso sopra descritto, per vivere sempre più fraternamente l’esperienza della misericordia di Dio.
Ognuno di noi è chiamato ad accogliere questa grazia, riconoscendoci peccatori e, tramite le guide della comunità e i nostri momenti di preghiera, ci affidiamo alla misericordia di Dio: “Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo.
Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: «Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti»” (Gl 2, 16-17).
Il nostro Dio è il Dio geloso del suo popolo che lo esprime nel suo amore appassionato e smisurato, un amore che perdona e non espone il suo popolo all’umiliazione.
Una Comunità chiamata a vivere nell’umiltà, cioè nel riconoscere la grandezza di Dio nel servizio ai fratelli, ma che non sarà mai umiliata, perché il Dio fedele non lo permetterà.
Infine, condivido un pensiero di Papa Francesco dal suo messaggio per la Quaresima di quest’anno. Vorrei che questo messaggio diventasse il nostro impegno (almeno) per questa Quaresima:
“Nella Quaresima, stiamo più attenti a «dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano, invece di parole che umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano» (Enc. Fratelli tutti [FT], 223). A volte, per dare speranza, basta essere «una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza» (ibid., 224)”.
Carissime sorelle e carissimi fratelli, che la nostra vita sia una totale lode al Signore che effonde su di noi il suo Spirito e rinnova i nostri cuori, che lacerati per amore, lo accolgono e lo fanno agire.
Buon cammino di Quaresima nel nome e nell’amore di Cristo, accompagnati dalla preghiera e dalla presenza materna della Beata Vergine Addolorata, madre dell’Amore Misericordioso e da San Giuseppe, patrono e custode umile della Chiesa.
Vi voglio bene e Dio vi benedica.
Vostro in Cristo
P. AURELIO D’INTINO, C.P. Padre Spirituale Generale APAM
Castiglione di Ravenna, 13 febbraio 2021